Allenamenti di PARLARE IN PUBBLICO IV Ed.

ALLENAMENTO n°1: relazionare, illustrare dati 

Poco tempo, un Mondo di cose da dire! Il cuore batte a mille, le idee si rincorrono.

Mi occorre una strategia! Come costruirla?

allenamento -Relazionare dati

Ci esercitiamo per riuscire, in 5 minuti, ad esporre i Dati con il supporto di Fonti, essere convincenti e captare l’interesse del pubblico o del singolo interlocutore.

Ciascun partecipante sceglie l’argomento di interesse professionale. Mette in scena la sua performance e su questa si lavora.

Con la guida di un esperto si osserva e valuta la performance. Si discutono i possibili miglioramenti. Si riprova. Si costruisce passo dopo passo la strategia, apprendendola dalla propria esperienza.

Questo tipo di coinvolgimento personale consente un effettivo cambiamento: prima di imparare una tecnica, scopro quale sia quella giusta per me! E così, con una accresciuta fiducia nelle mie capacità, inizio il discorso sulla parte di mondo che conosco!

In particolare tratteremo le diverse modalità di esposizioni di dati: l'elenco, il confronto, l'esempio, la citazione, la descrizione, o il riassunto.

Racconti su PARLARE IN PUBBLICO III Ed. (I tappa)

Le 5 tappe:  scoperte, esperienze, storie

Parlare In Pubblico - 1 Tappa

Una buona notizia: la paura di parlare in pubblico riguarda tutti anche se diversa è l’intensità. Chi crede di liberarsene una volta per tutte si illude! Chi sceglie di conoscerla è sulla buona strada!

Come si fa? Innanzitutto dandosi il permesso di sentirla, osservarne forma e forza, in quali circostanze e situazioni si attiva maggiormente, quali le reazioni che ne derivano. Questo è il primo passo per individuare le strategie vincenti per gestirla.
Così si inizia a tracciare la mappa per muoversi nel territorio della propria paura.
Man mano che si procede si scopre di quale preparazione si ha bisogno per riuscire a parlare in pubblico con scioltezza … nonostante la paura!
Si, davvero un bel percorso avvincente ci aspetta!

ParlareinPubblico III Edizione - 1 tappa

N. racconta: "Il pubblico per me ? i nemici pronti ad assalirmi. Sin da piccolo è sempre stato così. Ricordo per es. quando dovevo conferire a scuola, spesso mi bloccavo. Oggi so dare un nome a ciò che provo dentro di me. Questa consapevolezza mi aiuta a portare avanti il mio discorso. Ho scoperto che posso allenarmi con la respirazione.
Se mi concentro sulla parte fisica (diaframma ed emissione della voce) lascio andare la paura e i nemici si dileguano! "

Racconti su PARLARE IN PUBBLICO III Ed. (II tappa)

Le 5 tappe:  scoperte, esperienze, storie

Parlare In Pubblico - 1 Tappa

So di non sapere, diceva Socrate … eppure una cosa è bene sapere: Io sono la mia voce. Che mi appartiene, mi connota, mi identifica. Attraverso di essa mi sento e gli altri mi sentono.

Se funziona così, allora è necessario saper usare bene il prezioso strumento voce, ed imparare ad accordarlo.
Una voce parlata se ben armonizzata, produce armonia e sicuramente non fa un suono sgradevole.
Attraverso le svariate caratteristiche di questo suono esprimiamo il nostro esser-ci, il potere di affermare, di avvicinare e di allontanare, di dire, fare, cambiare.

ParlareinPubblico III Edizione - 2 tappa

T. racconta:  "Sono una cantante lirica e di voce me ne intendo. Ho scoperto in questo corso che prendersi cura della propria voce è un compito di tutti. Apprendere a modulare volume, tono, intensità, timbro della propria voce ti rende capace di produrre, nella vita di tutti i giorni, i suoni giusti, dato il contesto e di ridurre le stonature (per es. quando si parla troppo veloce o troppo piano!) che tante disarmonie generano!"

Racconti su PARLARE IN PUBBLICO III Ed. (III tappa)

Le 5 tappe:  scoperte, esperienze, storie

Parlare In Pubblico - 1 Tappa

Ci sono dei numeri interessanti: fatto 100, l’intenzione che abbiamo di dire, 10 è ciò che ricorda il nostro interlocutore!
Con queste cifre ci scoraggiamo?
Tutt'altro, ci aiutano a capire che quando parliamo è necessario metterci anima e corpo. E non è un modo di dire.
Ciò che diciamo, per arrivare a destinazione, deve essere supportato da sguardo, postura, gesti, prossemica, presenza … un giusto connubio tra contenuto e forma, tra ciò che diciamo e come lo diciamo …
Anche perché chi ci ascolta percepisce la veridicità del nostro dire attraverso il modo con il quale esprimiamo ciò che affermiamo.

ParlareinPubblico III Edizione - 3 tappa

M. racconta: "Quando ho sentito questi numeri mi sono abbattuta. A me piace esprimermi più con i gesti che con le parole. E quindi ho pensato che se già io parlo poco, del mio discorso agli altri resterà pochissimo! …  Sperimentando le possibilità del mio non verbale ho cambiato idea. Ho compreso che la gestualità, lo sguardo, anche il mio rossore in viso ( che fatica accettarlo!) fanno la differenza: le mie parole, anche se poche, arrivano subito all’interlocutore perché rafforzate dal linguaggio del corpo che parla con me! "

Racconti su PARLARE IN PUBBLICO III Ed. (IV tappa)

Le 5 tappe:  scoperte, esperienze, storie

Parlare In Pubblico - 1 Tappa

Il corpo è ricettore e trasmettitore di emozioni.
Che cos’è un discorso se non un attivatore di emozioni? Per sollecitare quelle altrui dobbiamo essere esperti delle nostre e prima ancora conoscerle, saperle nominare e sapere in quale parti del corpo si fanno sentire. Massaggiare i punti delle nostre emozioni ci aiuta ad essere connessi con il nostro mondo interiore così da saperlo esprimere meglio all’esterno. Riconoscere un’emozione significa sentire la consistenza dell’energia che si muove dentro di noi e provare a manifestarla con il segno positivo. ( trasformare la rabbia in forza , la paura in coraggio, la tristezza in gioia, lo stress in tranquillità, la scarsa autostima in fiducia in se stessi…) Una pratica semplice, empirica quella del massaggio che ci da uno strumento utile a fronteggiare le insidie delle emozioni inespresse che covano dentro, generando conflitti interni, causa, spesso, di blocchi espressivi.
Quante volte i dialoghi interni ostacolano il fluire della parola (volevo dire ma ero troppo arrabbiato, mi sono sentito talmente umiliato, offeso che la parola non mi è uscita …) se, viceversa, accetto l’emozione essa non prende il sopravvento e posso conviverci senza subirne i blocchi.
ParlareinPubblico III Edizione - 4 tappa

M. racconta: "Sapete? Ho scoperto dove abitano le nostre emozioni. Non sapevo che ci sono centri energetici nel nostro corpo e sono i luoghi in cui risiedono le emozioni, capaci di farsi sentire sugli organi e ghiandole se a loro non diamo il giusto ascolto. Se l’avessi saputo non sarei stata così spavalda quella volta in cui ho scelto di parlare delle Favole, argomento che mi tocca emotivamente. Credevo che parlarne mi avrebbe “fatto bene”. Ho cominciato il mio discorso. Ad un certo punto ho iniziato a piangere e non riuscivo a fermarmi. Ma chi me l’ha fatto fare? Ho subito pensato. In realtà l’incidente si è rilevato un grande apprendimento: oggi so che l’emozione va trattata, riconosciuta, accolta ed accettata. Per me un ottimo esercizio da fare prima di parlare, quando so che mi tocca!"

Racconti su PARLARE IN PUBBLICO III Ed. (V tappa)

Le 5 tappe:  scoperte, esperienze, storie

Parlare In Pubblico - 1 Tappa

Un discorsetto corretto dovrebbe avere un inizio, un corpo ed una conclusione.
Facile a dirsi meno a farsi!
Infatti abbiamo sperimentato che il tempo passa velocemente, e che bisogna provare quando si sa di dover parlare. Non per ripetere a memoria ma per essere impregnati di ciò di cui si vuole dire.
Sarà allora che, arricchita dal pathos della giusta emozione, la parola troverà la strada per uscire, diventare voce.
Se uniremo la giusta intenzione e guarderemo il nostro pubblico (a cui ci interessa trasferire un messaggio che generi un cambiamento) sapremo conquistare l’attenzione che ci giochiamo nei primissimi minuti di conversazione.

ParlareinPubblico III Edizione - 5 tappa

 I corsisti della III edizione: "Nel quinto incontro abbiamo iniziato a… parlare in pubblico, abbiamo scomodato Cicerone e Kant, il pomodoro, le stelle, la danza, l’arte del racconto, internet… Provando e rivedendoci, ridendo e scherzando e soprattutto osservando ed ascoltando le nostre voci ed i cambiamenti avventui, abbiamo trovato le indicazioni. La mappa è pronta. Ciascuno di noi possiede i segnali di orientamento. Lo slogan Parlare in pubblico è diventato conoscenza ed esperienza: Con la mia voce Io parlo in pubblico"

SOFT SKILL – Il lavoro di equipe

lampadinaChe cos’è un’equipe?  Il termine francese equipe corrisponde al termine inglese team, che in italiano traduciamo con gruppo di lavoro.

Il team, l’equipe, il gruppo di lavoro è <em>un insieme di persone (sistema) in cui: abilità tecniche, competenze e capacità personali sono complementari ed integrate e la conduzione del gruppo è fortemente indirizzata al coordinamento. </em>

Concettualmente comprendiamo e capiamo cosa sia il lavoro in equipe, nella pratica, però, è difficile attuare un buon lavoro di gruppo, in maniera duratura ed efficace ed in modo che ciascun membro sia soddisfatto della relazione interpersonale e del lavoro realizzato.

Colui che sa lavorare in gruppo è in grado di prestare attenzione contemporaneamente al lavoro da svolgere (processo produttivo) ed al modo con cui le persone si comportano tra di loro (relazione) per raggiungere il comune obiettivo.

Se sono sbilanciato troppo sull’obiettivo rischio di non considerare possibili difficoltà relazionali che alla lunga possono inficiare il raggiungimento del risultato; viceversa se do troppo peso alle questioni interpersonali rischio di pregiudicare il ritmo del lavoro, e di mettere in pericolo l’efficienza (ad es. rimanere nei tempi programmati di consegna).

Essere consapevole di quale sia il comportamento prevalente quando si è parte di un gruppo aiuta a svolgere meglio la propria funzione ed a riconoscere se ci sono sbilanciamenti sulla relazione o sulla produzione. E’ questo il primo passo da compiere per diventare un buon giocatore di squadra

SOFT SKILL – La comunicazione efficace

lampadina La prima legge della comunicazione, secondo Watzlawick, Beavin e Jackson dice che “non si può non comunicare”. Anche se rimango in silenzio, ossia senza parlare, comunico ugualmente.

Un celebre filosofo francese, Emmanuel Mounier, afferma “ La comunicazione è meno frequente della felicità, più fragile della bellezza: basta un nulla a fermarla o a spezzarla tra due soggetti

Sono in contraddizione le due frasi ? NO! Se è vero che Non si può non comunicare, è altresì vero che non tutta la comunicazione sia efficace.  Per esserlo è necessario che ci sia ascolto reciproco tra i due soggetti in relazione/comunicazione.

Colui che è competente nel comunicare efficacemente è capace di:

  • capire e farsi capire,
  • prestare ascolto alle “ragioni” del suo interlocutore.

La comunicazione efficace è quella non egocentrica bensì dialogica, cioè fondata sull’ascolto reciproco.

L’ascolto è un’arte che si apprende con l’esperienza e soprattutto con una formazione appropriata. Buoni ascoltatori si diventa. La prova di esserci riusciti è il miglioramento dei risultati nel lavoro e nel privato. L’ascolto messo in pratica genera qualità, ben-essere, soddisfazione.

Procedere con le procedure

lampadina L’organizzazione che punta sull’empowerment delle risorse umane crea il clima favorevole per un ambiente di lavoro collaborativo.

L’organizzazione che sceglie le giuste procedure raggiunge i migliori risultati con efficienza ed efficacia.

“Procedura”  è un termine che proviene dal verbo latino procedere che ha conservato in italiano lo stesso significato originario, ma la cui traduzione sta anche a significare avanzare, progredire, e persino germogliare, prorompere.

Tutti possiamo “germogliare.”

Fissare procedure è una necessità ma è oltretutto una opportunità per la singola risorsa per apprendere regole di organizzazione e accrescere la competenza professionale.

Inteso in questo senso, il termine rende chiaro che la traiettoria delle procedure e quella dell’empowerment coincidono: entrambi mirano allo sviluppo delle risorse umane migliorandone saper fare e saper essere.

Occhio ai rischi

Il termine procedura si lega ad un altro termine che ha origine dalla stessa identica radice latina: il processo (processum, procedere) che evoca l’idea di lentezza, l’eccessiva burocratizzazione, le formalità da adempiere

Bisogna dunque stare molto attenti quando si parla di proceduralizzare un lavoro o una organizzazione a non cadere nella trappola della burocratizzazione.

Come evitare questi rischi?

  • condividendo il significato del termine all’interno del gruppo di lavoro
  • facendo emergere i reali bisogni organizzativi e dunque formativi dello staff
  • dividendo i tempi della condivisione da quelli della esecuzione dei compiti
  • definendo con chiarezza i problemi gestionali che necessitano di procedure
  • accompagnando le persone nel processo di empowerment affinché possano realmente comprendere quanto il rispetto delle procedure non sia mera questione formale ma al contrario occasione di sviluppo della professionalità