Perché allenarsi al Public Speaking?

La voce dice sempre di me e per me, ciò che sono e ciò che faccio.

Chi riesce a dire bene la propria idea ed ad essere ascoltato, accresce l’autostima, forza necessaria per riuscire a dare voce al mondo invisibile dei pensieri così da renderli realtà condivise e a genere ben-essere economico, relazionale, sociale.
Talvolta accade che emozioni e preoccupazioni, ostacolano il fluire dei concetti e la parola si blocca, l’eloquio diviene intermittente, si svicola nel silenzio, si alimentano pre-giudizi verso se stessi ed il contesto.

Allenandosi a parlare in pubblico, ciascuno può rendere virtuoso questo circolo!

Da anni, lavoriamo per lo sviluppo del “public speaking” attraverso l’applicazione dei principi della maieutica e della psicofonia: conoscere il proprio strumento voce, essere consapevoli delle sue potenzialità, sapere come allenare la voce per utilizzarla al meglio nello svolgimento della professione, e in generale nelle attività sociali.

metodo PARLARE in PUBBLICO

Il Metodo Siforma per "Parlare in pubblico"

Il lavoro sul public speaking, secondo tale impostazione, tende a riequilibrare la persona, sintonizzandola con le sue risorse comunicative, apprendere a valutarle e saperle esprimere. Ri-conoscere la potenza della propria voce consente di fronteggiare, con la giusta presenza, le situazioni socio-relazionali le quali dipendono, in buona parte, dal modo in cui si parla (ad es. gestire un gruppo di lavoro, relazionare dati, coordinare riunioni, presentare prodotti e o risultati, confrontarsi per accordarsi su proposte e progetti etc)

Chi utilizza bene la voce è capace di praticare una corretta respirazione, agire l’intelligenza corporea attraverso i cinque sensi, con i quali si stabilisce il contatto tra l’interno e l’esterno, voce interiore e voce parlata.

public-speaking-leve-formazione-siforma

Le aree del parlare in pubblico che trattiamo e le caratteristiche della persona su cui facciamo leva per migliorare

 

In particolare il training agisce su 2 aspetti per

Competenze socio-relazionali

  • migliorare il tempo di conferimento/presentazione/illustrazione etc
  • rendere l’eloquio più fluido, riducendo le interruzioni e l’utilizzo di intercalari
  • rimanere centrati sul tema sul quale si sta parlando
  • procedere gradualmente ( inizio/corpo del discorso/conclusione)
  • saper sostenere una propria tesi

 

Empowerment

  • Apprendere a modulare con il respiro diaframmatico la propria voce per ridurre gli eccessi: toni aggressivi/vittimistici, volume alto/basso, ritmo veloce/lento
  • Diventare consapevoli dell’area di miglioramento
  • Saper fare un’autodiagnosi (l’eloquio è disturbato dall’emozione o dalla mancanza di contenuti?) per diventare più autonomi nell’apprendimento e nella pratica espressiva 
  • Saper distinguere tra fatti ed opinioni, tra emozione e pensiero

Nei moduli didattici trattiamo i seguenti contenuti:

  • Il public speaking e la comunicazione efficace
  • Il ciclo della comunicazione; ascolto/osservazione/ espressione
  • Differenza tra osservazione ed interpretazione: linguaggio denotativo e connotativo
  • L’uso della voce (approfondimento della strumento voce secondo i principi della psicofonia: allenamento sul respiro, base e consistenza della voce
  • Le caratteristiche della voce: suono/timbro/ volume/ritmo/melodia
  • Linguaggio non verbale (Sguardo,postura,gestualità. Presenza e movimento nello spazio)
  • L’intelligenza emotiva e la gestione delle emozioni attraverso il veicolo della voce
  • La gestione dello stress (Energia del corpo e della mente:respirazione, rilassamento, visualizzazione)
  • Costruzione del discorso (Fasi di preparazione. Struttura : introduzione, sviluppo , conclusione)

Svolgiamo Allenamenti sulle diverse tipologie di discorso

  • Relazionare: come illustrare il nocciolo del ragionamento, dati, fonti e fatti.
  • Parlare a braccio: come intervenire in una discussione e rappresentare interessi in una riunione
  • Il racconto e la metafora: come catturare l’attenzione dell’uditorio sollecitando emozioni, ricordi e connessioni mentali
  • La gestione del contradditorio: come esprimere il proprio punto di vista, riconoscere quello altrui e saper dibattere
  • Fare un discorso pubblico: come entrare, mantenere la scena, parlare, auto valutarsi ed essere valutati.

Qui qualche informazione in più sulla proposta formativa "PARLARE in PUBBLICO"  targata SIFORMA

Storia di un allenamento

Un tempo, dopo una marachella, magari bella grossa, mia madre mi diceva:

Eligia Levita - Parlare in pubblico - Allenamenti Siforma

Dimmi cosa è successo ma... non raccontare favole!

Oggi, al corso Parlare in Pubblico, Maria Vittoria e Silvana, mi chiedono, invece, di raccontare favole e addirittura di farlo davanti ad un pubblico che con tanto di penna, carta e punteggio finale, decreta come è andata la mia performance. Queste due conduttrici sono davvero extraordinarie e sento dal cuore di ringraziarle per avermi dato, da adulta, l'opportunità di una riconciliazione con le antiche marachelle e di poter esperire attraverso l'allenamento “Il racconto e la Metafora”, quanto ancora c'è da apprendere nel raccontare favole.

Una piacevole scoperta: per me che insegno da tanti anni nella scuola è pane quotidiano raccontare storie per spiegare concetti, stili, forme e generi della musica. Mi servo della filastrocca (tanto da scrivere un libro di filastrocche musicali ) per "fare" musica con i ragazzi.

Favole, racconti e filastrocche sono degli strumenti di comunicazione efficaci e creativi. Con poche parole, quelle "giu-ste", come suggerisce Silvana, si può centrare l'obiettivo prefissato e trasferire all’altro:

  • la storia (il contenuto)
  • l'emozione (l'ascolto come presenza)
  • il messaggio (la morale)
  • la metafora.

La mia esperienza di allenamento

Ho raccontato al gruppo, altrettanto extraordinario per umanità, simpatia e intelligenza, la favola di Esopo intitolata “La lepre e la Tartaruga”.  Maria Vittoria ha scelto per me (non a caso!!!)  questa favola che ben si collega al problema TEMPO, un elemento per me particolarmente significativo nella comunicazione.

La favola

racconto e metafora - la tartaruga e la lepre

La lepre un giorno si vantava con gli altri animali:
- Nessuno può battermi in velocità - diceva - Sfido chiunque a correre come me.-
La tartaruga, con la sua solita calma, disse:
- Accetto la sfida. -
- Questa è buona! - esclamò la lepre; e scoppiò a ridere.
- Non vantarti prima di aver vinto replicò la tartaruga.
- Vuoi fare questa gara? -
Così fu stabilito un percorso e dato il via. La lepre partì come un fulmine: quasi non si vedeva più, tanto era già lontana. Poi si fermò, e per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga si sdraiò a fare un sonnellino.
La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l'altro, e quando la lepre si svegliò, la vide vicina al traguardo. Allora si mise a correre con tutte le sue forze, ma ormai era troppo tardi per vincere la gara.
La tartaruga sorridendo disse: " Chi va piano va sano e va lontano "

Di fatto questo allenamento mi ha consentito di sentire chiaramente la percezione del tempo:

  • il mio da impiegare nel raccontare
  • quello della tartaruga e quello della lepre espressi nella favola.

Determinata a mettere in campo i frutti della mia applicazione su quanto appreso nel corso, ho deciso, nel ripassare il testo, di affidarmi al piacere di fare questa esperienza e mi sono concentrata su due elementi:

  1. non aggiungere altre parole (e quindi perdere tempo e concentrazione!!) oltre a quelle della storia;
  2. porre attenzione alla durata (un tempo non troppo breve non troppo lungo) del racconto per coinvolgere il gruppo nell'ascolto dall'inizio alla fine.

La successione degli eventi, nel racconto  è precisa e questo elemento mi ha facilitato parecchio nell'essere anch'io precisa nel ripetere le fasi della storia aggiungendo un'attenzione costante, durante la performance, allo sguardo verso il gruppo e i singoli, ai miei movimenti nello spazio della sala. La voce (altro aspetto su cui mi sono allenata particolarmente) è stata la mia carta jolly: mi sono divertita a farla muovere (tono, intensità, durata, andamento) nel dialogo tra i due animali esprimendo con chiara intonazione, nel finale, la morale.

Ricordo con felicità l'applauso ricevuto alla fine del racconto.  

Oltre l'aula

scuola

Ho riportato la stessa struttura utilizzata da Maria Vittoria per l'attività e le stesse indicazioni di svolgimento fornendo agli allievi la scheda descrittiva dell'esperienza:
- Nome di chi racconta
- Ti è piaciuta questa favola?  (SI|NO)
- Perché
- Quale emozione ti ha suscitato?
- Quale messaggio ti ha trasmesso?
- Quanto l'oratore ha facilitato il tuo ascolto?   (1|2|3|4|5)

L'aggancio l'ho colto quando interrogando degli alunni, questi mostravano uno studio non approfondito, poco curato nell'esercitazione quotidiana ed  in particolare nella pratica strumentale. Facendo con loro l'acrostico della parola MUSICA

M U S I C A: Mettere Udito (e) Suoni Insieme Chiede Attivazione

ho introdotto l'attività "Il racconto e la metafora" e il concetto che spesso con l'applicazione (un metodo di studio) si ottiene di più che con le qualità naturali non coltivate.
Gli alunni hanno aderito alla proposta e scelto ognuno una favola di Esopo che hanno raccontato alla classe, poi alla fine dell'esperienza ciascuno ha illustrato agli altri la strategia utilizzata per raccontare la favola.
Gli effetti avuti in classe, applicando le modalità sperimentate da me negli allenamenti, sono stati molteplici e in particolare:
- la partecipazione attiva di tutta la classe a partire dalla ricerca delle favole,
- la lettura attenta e ripetuta del brano per ben memorizzarla,
- l'ascolto degli altri,
- il dibattito sulla morale e la metafora,
- l'osservare gli altri,
- lo scambio delle emozioni provate,
- la valutazione del gruppo classe
- l'autovalutazione
La metafora scelta dagli alunni per collegare quanto vissuto nell'esperienza “ll racconto e la metafora” con l'abitudine all'applicazione costante sia nello studio (di tutte le discipline) sia nella vita, è davvero rilevante e significativa e fa riferimento al loro sentirsi come un' isola (I-SOLA): piccola, piena di apparenze e abitudini che limitano la fantasia, ma sulla quale inaspettatamente sbarcano emozioni (e motivazioni) capaci di cambiare la quotidianità e l'orizzonte producendo nuove idee.

Come per me anche per i mie alunni la regola è stata la stessa: l'allenamento quotidiano aiuta a raggiungere traguardi inaspettati e a credere in quello che dice, alla lepre, la tartaruga: "Non serve correre, bisogna partire in tempo".

La buona pratica

Agli inizi del corso, dopo il primo allenamento Maria Vittoria mi scrisse: "Adesso bisogna prima pensare a noi per poi prenderci bene in carico gli altri". Parole sante!!!

allenamentiGli allenamenti sono stati dei tempi supplementari fondamentali. Tempo dedicato alla buona pratica.  

Un tempo in cui i conduttori sono stati bravi nel proporci attivazioni gioiose e ben studiate per spronare ciascuno a mettersi in gioco e il gruppo a sostenere e ispirare tante riflessioni agendo, nei fatti, da specchio.   

Di volta in volta si è aggiunto un tassello di consapevolezza nel mio comunicare che ho riportato nella vita lavorativa e personale.

Gli elementi su cui sto continuando ad allenarmi sono sia l'emissione della voce con attenzione alla postura (Corpo/Voce/Emozioni) sia l'esposizione, nel tempo giusto, dei contenuti del discorso e facendolo nel modo più chiaro possibile.

Grazie a chi mi accompagna a proseguire il mio cammino sostenendomi nella cura del mio tallone di achille: "la gestione del tempo"

(Contributo a cura di Eligia Levita, corsista della IV edizione del corso "PARLARE IN PUBBLICO")

Gestisci lo stress

Gestisci lo stress, l’ultimo tassello prima della performance finale: il discorso pubblico

Silvana Noschese

M.Vittoria Lanzara

Integrando PSICOFONIA e MAIEUTICA
Silvana Noschese
e Maria Vittoria Lanzara hanno condotto
la 4 sessione di PARLARE IN PUBBLICO

Ascoltando la voce hai una traccia per scoprire le emozioni che sono dietro lo stress.
Per contattare quelle precise, occorre ricercare sotto la punta dell’iceberg.
Le domande maiuetiche sono uno strumento prezioso per riuscirci.

La parola stress è una delle più inflazionate,  forse perché è l’unica che utilizziamo per dire che qualcosa ci emoziona (si muove dentro di noi).
In realtà il ventaglio  delle emozioni è molto più ampio.

stress
Che cos’è lo STRESS

E’ un meccanismo di difesa finalizzato all’aumento dei livelli di attenzione e di risposta agli stimoli dell’ambiente esterno

Questo meccanismo caratterizza tutti gli esseri viventi

L’adrenalina scatena la sintomatologia da stress nelle due manifestazioni istintive: l’attacco o la fuga e prepara l’organismo a “battersi” o a “battersela”, e quando in una comunicazione si raggiunge la soglia critica la tensione è così alta da non poter più essere gestita dall’oratore.

Due le dimensioni dello Stress:

  • Dimensione tonica dello stress (Eustress): uno stress positivo che ti fa diventare più efficiente, ovvero quel motore interno che mette tutto in azione verso la meta
  • Dimensione tossica dello stress (Distress): uno stress negativo che porta un insieme di tossine al nostro interno così che l’organismo si blocca o reagisce diversamente da come dovrebbe

Come gestire lo STRESS? Imparando a prendersi cura delle emozioni

Gestire lo stress significa essere coscienti che abbiamo una forte carica di energia a disposizione, che ci sarà di grande aiuto se ben incanalata. Come gestire lo stress del prendere la parola? Riconoscendo le emozioni che si provano, sapere da cosa e da chi sono provocate.

Mappa delle emozioni

Fiore delle emozioni (FONTE: R. Plutchik)

Ci  vuole attenzione, ed allenamento costante all’ascolto di se e del contesto circostante, disabituati come siamo a contattare e trattare con ciò che si muove dentro di noi, o sotto la punta dell’iceberg, che dir si voglia!

Delle nostre emozioni  ne parla spesso solo la mente, la quale, però, se non è connessa ai dati (anche le emozioni sono tali!) rischia di dirci cose diverse da ciò che proviamo! E alla nostra mente piace inventare storie!

Ad esempio giustifichiamo alcune esternazioni verbali pensando che in questo modo siamo vigilanti sul lavoro, in realtà il non verbale comunica preoccupazione, così come è facile scambiare la noia con la rabbia; l’insofferenza con la tristezza  …

Se la diagnosi dell’emozione che proviamo è errata altrettanto sarà la “cura”, cioè la comunicazione risulterà incongruente.  Scelta di parole, tono della voce, sguardi, gesti, postura sempre dicono per noi l’emozione

Quando sentiamo forte la paura di parlare in pubblico il cervello evoluto prova a rasserenare la amigdala (memoria atavica del cervello) ma essa capisce solo segnali forti ed istintivi, quelli legati alla comunicazione paraverbale e non verbale.

Ecco perché è importante conoscere le proprie emozioni così che quando si fanno sentire con forza sappiamo come trattarle senza negarle, manipolarle, zittirle, azioni queste ultime che risultano spesso inefficaci.

Diverse sono le pratiche possibili che ci aiutano ad eliminare la parte tossica dello stress (eccessi e sovraccarichi delle emozioni)  e tenerci quella sana ossia quel movimento interno che ci da la spinta per una giusta azione.

Possiamo sciogliere le emozioni con la tecnica EFT (Emotional Freeedom Technique http://www.eft-italia.it/, http://www.emofree.it/) massaggiando i punti delle nostre emozioni e riattivando la nostra sensorialità, facendo  vocalizzi di psicofonia per armonizzare la voce e far evaporare il movimento interno, oppure praticare la mindfulness, una forma di meditazione basata sulla consapevolezza che  aiuta a prendere il controllo dei propri pensieri e delle proprie emozioni

Accade ad es. che la paura di parlare in pubblico, trattata con il giusto allenamento diventi una risorsa, essa ci stimolata a prepararci nella maniera migliore, ad anticipare i possibili pericoli a prevenire le obiezioni, a scrivere, provare, ricercare le parole giuste.

Alcuni suggerimenti pratici per ben disporsi alla performance, ricordando  che le emozioni ci dicono che siamo umani fallibili e non macchine perfette.

suggerimenti pratici per la gestione dello stress del parlare in pubblico

E per finire "Non arrenderti mai, dai a te stesso la libertà di essere gloriosamente fallibile" perché "Se sbagliomi corrigerete" (Karol Wojtyla)

 

Emozioni e comunicazione

Emozioni e comunicazione

loredana inghilleri

Sono emozionata!

Quante volte, magari prima di iniziare una performance, un esame, un compito importante, prima di iniziare a parlare in pubblico o semplicemente in vista di un incontro significativo ho fatto questo pensiero o l’ho espresso ad alta voce.

Come me sicuramente un po’ tutti.

Eh sì, perché emozionarsi è naturale, semplice, automatico come il respiro, è vitale, ossia segno che siamo esseri vivi, in movimento.

La parola stessa emozione evoca nella sua stessa etimologia un “motus”, un movimento da dentro a fuori.

La parola emozione è sempre rivelatrice di un rapporto tra l’interno e l’esterno, di un incontro che muove tutto il nostro corpo (muscoli, viscere, battito del cuore, ritmo del respiro, ecc…)

Tecnicamente l’emozione è prodotta nella parte più arcaica del cervello umano, l’amigdala ed è collegata a stimoli e memorie; in sé è neutra, è un immediata-corporea risposta ad uno stimolo.

Stare nelle emozioni significa “sentirsi” ed esprimerle è un modo per dire la verità.

Non è possibile comunicare senza le emozioni. Così come non è possibile essere vivi senza comunicare.

L’emozione è il nostro modo di essere presenti in maniera vitale.

Ma la mente interviene e giudica le emozioni: le connota attribuendole significati.

Sin da bambini, infatti, (in realtà in parte già esistono memorie cellulari psico-genetiche) a determinate esperienze e vissuti sono stati attribuiti dei valori, per cui dentro ciascuno si sono strutturate delle credenze, dei modelli tipo: “sono timido, sono chiuso, sono inadeguato, non sono abbastanza bravo, non lo fare ecc…” .

Tutto questo è collegato ad una paura fondamentale: entrare in contatto con gli altri nella personale verità, paura che si attiva perché si teme di non essere capiti, accettati, di essere rifiutati, in altre parole di non essere riconosciuti.

E mentre si chiede agli altri di essere visti e riconosciuti, si finisce per giocare tutta la vita a… nascondino.

E sì, quando si perde la diretta connessione tra mente, corpo, azione e si interpreta l’emozione sulla base di precisi modelli mentali, questi creano blocchi, limiti. Le emozioni diventano allora qualcosa da vincere, superare, controllare, gestire, spesso reprimere o nascondere.

Per comunicare è fondamentale rimanere in connessione con sé stessi e ciò implica essere presenti a ciò che si sente senza giudicarlo. Comunicare è dunque innanzitutto ascoltare: sé stessi e gli altri, venire fuori e non mascherarsi, in altre parole: comunicare è sapersi ancora e sempre emozionare!

Contributo a cura di Loredana Inghilleri, formatrice esperta in NEI (Integrazione Neuro Emozionale)

Applicazione della PSICOFONIA nel corso PARLARE IN PUBBLICO

Cosa si fa?  Si sperimentano i fondamenti della Psicofonia 

Silvana NoscheseCi si prende il tempo di:

  • respirare,
  • ascoltarsi,
  • esplorare i propri sensi,
  • liberare le tensioni accumulate,
  • muoversi e massaggiarsi dall'interno attraverso la vibrazione del suono...

Si possono “ascoltare” voci che si scoprono, si cercano, si costruiscono con pazienza e passo dopo passo si ri-conoscono.

Parole note si ri-notano e  de-notano diversamente.

Insieme agli altri si scopre e sperimenta il piacere della parola per noi stessi e per un pubblico … libera-mente.

Questi elencati di seguito sono i temi che trattiamo attraverso diverse attività pratiche 

  • La Voce nel quotidiano: esplorazione, presa di coscienza e ottimizzazione delle sue varie sfumature
  • L’essere umano: Ricevente prima e Trasmittente poi
  • Il Respiro: fonte di "pulizia", rilassamento, bonificazione
  • La Postura: ancoraggio, verticalizzazione, apertura, appoggio
  • L’Ascolto: percepire,“sentire dal di dentro”, nutrirsi di suoni (coscienza dell’ascolto)
  • La Risonanza: scoperta e amplificazione del nostro essere per-sona

Contributo a cura di Silvana Noschese ,  esperta in Psicofonia, musicoterapeuta, direttrice di coro, docente di Storia della Musica

la fonte sonora - applicazione della psicofonia al corso parlare in pubblico

la postura - applicazione della psicofonia al corso parlare in pubblico

Il volume della voce - applicazione della psicofonia al corso parlare in pubblico

La Voce: cosa è, perchè

LA VOCE: cosa è, perchè

  

Silvana Noschese

Cosa è la voce

La voce è il gesto vitale che imprime ed esprime l’essere umano sui differenti piani: costituzionale, funzionale e simbolico.

La voce è l’espressione dello stato psicosomatico della persona: specchio del corpo e dell’anima, svela i nostri stati di salute, testimonia il nostro senso di stanchezza, la nostra vitalità, la nostra tristezza o la nostra gioia.

La voce, strumento di armonizzazione del tono vitale, è espressione dell’equilibrio nervoso ed emozionale, è esperienza di riconoscimento di sé.

La voce è strumento personalizzato per eccellenza, elemento diagnostico di prim’ordine, portatore al tempo stesso intenzionale e involontario di informazione e cultura.

La voce perchè

La voce è uno strumento utile e indispensabile nella ricerca dell’equilibrio psicofisico.

Nella voce si manifestano il ritmo e  la profondità della respirazione, il tono muscolare, la postura del corpo, l’energia vitale, le emozioni, la carica, così come l’intenzione  di ciascuno.

La nostra voce è nel nostro corpo, è il nostro corpo, ed è possibile, esplorandola, scoprire un livello espressivo capace di dare nuovo suono e nuovo valore al canto e alla parola.

La voce chiede di essere libera, armonica, profonda, leggera, efficace: accoglierla significa sciogliere il corpo dalle sue tensioni, liberarla è affermarsi, riuscire a sentire la corrispondenza tra la voce interiore e la voce udibile è percepirsi in un’unità.

Contributo a cura di Silvana Noschese ,  esperta in Psicofonia, musicoterapeuta, direttrice di coro, docente di Storia della Musica

Psicofonia – Che cosa è

PSICOFONIA: Che cosa è la Psicofonia ?

La Psicofonia è un percorso auto sperimentale d’armonia vitale che utilizza a favore della voce parlata e cantata le corrispondenze tra l’uomo, il suono, il ritmo e la parola.

Fondata da Marie Louise Aucher nel 1960 (Marie-Louise Aucher®) in seguito a ricerche sul suono e le corrispondenze vibratorie del corpo umano, la Psicofonia stabilisce un legame profondo tra recettività ed emissione.

logo Psicofonia Silvana Noschese

Dai VOCE alla TUA VOCE!

Essa contribuisce a creare, pazientemente, una sintesi personale di conoscenza ed equilibrio, che mira ad armonizzare tutti i livelli dell'essere grazie alla vibrazione del respiro e del suono per esplorare, "riconoscere", esprimere appieno il proprio potenziale vocale e occupare il proprio spazio vitale.
Nella Psicofonia la voce , la parola sono proposte come strumenti di armonizzazione, di comunicazione, di espressione.
In quanto tali stimolano e consentono una conoscenza continua del proprio essere, una ricerca che apre la strada per ricollocarsi, riproporsi e donare la giusta voce a sé e agli altri.

Contributo a cura di Silvana Noschese ,  esperta in Psicofonia, musicoterapeuta, direttrice di coro, docente di Storia della Musica

schema M.L.Aucher

schema M.L.Aucher

Allenamenti di PARLARE IN PUBBLICO IV Ed.

ALLENAMENTO n°4: gestire il contraddittorio

Una delle prime capacità sociali messe in scena a partire dai 3 anni di vita è la discussione, la disputa, il contraddittorio, il tenere il punto. Pensiamo al tipico dialogo tra bambini quando usano la ripetizione della stessa frase

Io sono il più forte, IO Sono il più forte!  Io comando qua; IO comando qua.

oppure l’inversione "Sei scemo; Scemo sei tu!", oppure il rialzo anche con aumento del volume della voce "io posso sollevare 10 chili! Io venti! Io 100, io 1000"

Crescendo, il contenuto del contendere non sono più gli oggetti, ma rimane la tensione alla contrapposizione. Quest’ultima, spesso, non viene sufficientemente riconosciuta anzi la si tende a coprire con i riti di cortesia… che però solo in una prima fase (talvolta neanche) offrono utili argini di modellamento alla forza/necessità/bisogno di affermare il personale punto di vista proprio attraverso lo scambio dialettico con quello altrui.

allenamento - gestire contradditorio

Se il dibattere è connaturato alla persona, fa riflettere il fatto che anche la terminologia (contra-dittorio) dia un’accezione negativa a quest’azione, quasi a volerla negare o relegare in ambiti specifici (per es. quello giuridico).

Comunemente al termine comunicazione si associa un significato positivo ed all’opposto si considera il contraddittorio, il conflitto verbale, come se fosse mai possibile esprimere tali aspetti al di là della comunicazione stessa!

Insomma per utilizzare bene la propria capacità di comunicazione bisogna aver allenato bene, sin da piccoli, la capacità di “so-stare nel conflitto” sapendo che questa è una della componenti essenziali da inquadrare, accettare e gestire.

Durante un contradditorio, infatti, al di là di quello che appare nella disputa, è fondamentale saper riconoscere dove si trova il conflitto! Quali aspetti sono effettivamente divergenti? Domanda che rappresenta una vera bussola per addentrarsi nei meandri della discussione. 

L’altro con cui discuto non è il nemico da abbattere (con queste premesse la possibilità di gestione del conflitto è già annullata!) ma l’interlocutore che ha un suo punto di vista, diverso (necessariamente) dal mio. In una discussione “vince” chi ha propri contenuti, chi riconosce quelli altrui, chi ascolta e quindi coglie elementi per rafforzare la propria tesi (e non per attaccare l’interlocutore) chi onestamente conosce le proprie intenzioni e sa notare i gesti di conferma e disconferma che riceve così da comprendere quale sia il terreno su cui è possibile confrontarsi.

L’accordo a buon mercato, quello ricercato da subito senza darsi il tempo di esplorare le reciproche tesi, risulta poco funzionale perché solo apparentemente fa risparmiare tempo ed energie. In realtà rimanda la questione con il rischio che esploda improvvisamente, forse in maniera davvero distruttiva ( violenza verbale, prevaricazione, gioco di potere etc)

Occorre un repertorio articolato di competenze per saper affrontare positivamente il contraddittorio: roba da campioni! 

In particolare affronteremo la Sfida del Contraddittorio e ci eserciteremo con ascolto, osservazione, attenzione, affermazione, dialettica, velocità di pensiero, memoria, capacità di sintetizzare il proprio pensiero in maniera assertiva, controllo della vis polemica!

Allenamenti di PARLARE IN PUBBLICO IV Ed.

ALLENAMENTO n°3: il racconto e la metafora 

Qualsiasi cosa si faccia nella vita è fondamentale essere capaci di raccontare bene una buona storia! 

Ma non basta dare i numeri? Perché bisogna anche (e soprattutto!) saperli raccontare?

allenamento - raccontare storiePerché le storie hanno il potere di muovere le emozioni ed è su questo piano che si crea un contatto tra chi parla e chi ascolta. Quando le emozioni sono chiamate in causa, l’interlocutore è più propenso a connettersi al messaggio che gli si rivolge.

Un’emozione vale l’altra?

Per risultare bravi narratori bisogna trattare quelle adatte al contesto e per riuscirci è necessario sintonizzarsi con le persone alle quali si parla (uno, dieci, cento che siano).  Infatti, più il terreno del racconto è comune più si attivano le emozioni;
più efficace risulta l’ascolto, più aumentano le possibilità che il messaggio venga recepito; più la nostra comunicazione risulta efficace, più otteniamo il cambiamento sperato.

E se si giunge a questo punto, si può affermare che il racconto è davvero a lieto fine: con la parola giusta si è raggiunto il risultato sperato (far conoscere un’attività, promuovere un servizio, aumentare le vendite, etc)

Per far funzionare bene questo meccanismo, occorre ancora un’altra cosa: la forza della verità.

Riesce a raccontare bene, chi mette anima e corpo in quello che dice, e anche se tratta un argomento tecnico riesce sempre a far parlare la propria storia (usando ironia, sapienza, saggezza, precisione, metafora, ricorrendo ad aneddoti, fatti veri, insomma creando una favola, un mix “magico” e potente). Chi ascolta si riconosce in quella narrazione che scopre utile: sta ricevendo indicazioni e risposte alle sue domande! E’ il momento in cui si esclama tra se e se:

Uahoo  Adesso è chiaro, ho capito! questa storia è davvero forte, mi interessa, la faccio mia, voglio provarci anch’io!

In particolare ci occuperemo dell’Arte del Raccontare e ci eserciteremo sui  Fondamentali della Narrazione (coinvolgere chi ascolta, far montare la tensione, concentrarsi sull’essenziale, concatenare gli eventi, creare il gran finale),  su come usare bene voce e corpo, e come migliorare il personale modo di narrare e narrarsi nel lavoro, in famiglia, nel sociale.

Allenamenti di PARLARE IN PUBBLICO IV Ed.

ALLENAMENTO n°2: parlare a braccio 

Da sempre i grandi oratori parlano a braccio, senza una traccia scritta, seguendo il filo dei propri pensieri.

Nell’uso comune Fare un discorso a braccio ha un accezione un po’ negativa, come se equivalesse a improvvisare.

Non mi aspettavo che dovessi parlare, se l’avessi saputo mi sarei preparato! Ho detto le prime cose che mi sono venute in mente! Volevo dire tutt’altro! Chissà se hanno inteso il mio pensiero! Ad un certo punto sono dovuta intervenire per forza!  

 

allenamento - parlo a braccioQuesto vociare interno che si scatena dopo un discorso a braccio è molto ricco e variegato, al pari delle emozioni che viviamo quando prendiamo la parola, non sapendolo prima.

Eppure se ci riflettiamo la maggioranza dei nostri interventi sono di questa natura. Durante una riunione, in un dibattito, a conclusione di una relazione, quasi sempre parliamo a braccio: sia in contesti formali quando ad es. poniamo una domanda ad un relatore al termine di una conferenza, o rappresentiamo un’istanza durante un’assemblea (es. riunioni di condominio, riunioni genitori a scuola, etc) sia quando ci troviamo tra amici e conoscenti (es. quando esprimiamo la nostra opinione in una discussione spesso riuniti a tavola).

Se non siamo dei brillanti oratori, per cui ci viene facile parlare, come affrontare il discorso a braccio?

PreparandoCi. Ma se è improvvisato? E’ una contraddizione? No.

Essere preparati qui significa essere presenti, attenti, in ascolto del contesto nel quale ci si trova. Infatti avere i sensi ben aperti ci aiuta a comprendere. Più ci facciamo impregnare dalle parole/significati altrui più il nostro pensiero si attiva, più riesce a prendere forma nelle parole.

Quando siamo ben connessi, riusciamo a dire e capita di meravigliarci di noi stessi: "Non so come mi sono uscite quelle parole!"

In conclusione, anche a comprendere si apprende ….

In particolare ci alleneremo sul parlare a braccio: come sviluppare l’attenzione, accordare la voce, saper usare le parole giuste, essere coincisi e concreti!  E Ciascuno sarà più soddisfatto!